Fin troppo noti sono i fatti e le storie che hanno condizionato il mondo occidentale oramai da un paio di mesi. L’imperversare dell’epidemia ha rinchiuso tutti in una stanza e ha costretto ognuno di noi a mettersi di fronte a sé stesso. Probabilmente quest’esperienza, oltre a noie e fastidi, ha saputo anche riavvicinarci a passioni che credevamo perdute, a progetti lasciati incompiuti, oppure ci ha aperto la strada a nuove idee. Tutto ciò tra le mura domestiche, in un balcone, in un giardino, o se vogliamo in vagheggiamenti sentimentali durante le file al supermercato o in farmacia. Intanto le metropoli e i piccoli centri hanno cominciato a rimanere desolati, e privi di traffico e di schiamazzi hanno perso parte della loro anima. Le città infatti, gloriate per i loro monumenti e amate per la loro vitalità, magnifiche nelle imperfette geometrie dei borghi in collina e superbe nelle architetture maestose delle capitali, sono roba da uomini, forse le espressioni più sincere dell’arte umana.
Durante questa pandemia però sulle strade, tra le fessure dell’asfalto, hanno cominciato a crescere erbacce, e dai monti e dai campi numerosi animali si sono ritagliati un loro piccolo spazio nei centri abitati. L’umanità, semplice spettatrice impaurita e stanca, sembra quasi essersi del tutto tagliata fuori.

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“What a difference without humans!”

“Che differenza senza gli umani!”. Questa frase, che tradisce un poco di sconcerto, è stata pronunciata dalla voce serena d’una reporter britannica nel commentare alcuni immagini che hanno spopolato nel mondo anglosassone. Si tratta del video d’un delfino che gioca vicino ad una banchina del porto di Cagliari. Dove di solito si pavoneggiavano grandi navi e pescherecci, adesso c’è solo un simpatico delfino che saltella.
Senza l’uomo quindi la differenza esiste e il dato che sicuramente ci dà un’idea chiara di quello che sta avvenendo riguarda l’inquinamento. I rilevatori di monossido di carbonio e polveri sottili hanno misurato dei bruschi cali, non solo in Cina, dove dopo anni si è potuto godere d’una bella boccata d’aria e d’un cielo stellato, ma anche nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate dell’intero continente europeo. Ovviamente non si può negare che questo sia un bene per il pianeta e in fondo anche per la salute di chi abita queste aeree, ma il sorriso viene meno quando si pensa al fatto che si è stati costretti ad ottenere questo risultato con una reclusione forzata di diverse settimane. Inoltre la pandemia è stata un’occasione per mettere in risalto anche aspetti che fino a poco fa erano lasciati alle elucubrazioni di esperti e addetti ai lavori. Tra questi temi senza dubbio rilevante è quello della zoonosi, cioè del fenomeno per cui un virus si trasmette da un animale ad un uomo. La trasmissione non è quasi mai casuale, anzi molto spesso è proprio un errato comportamento umano ad avviare una serie di processi che dà origine al cosiddetto spillover, al salto di specie, e di conseguenza ad un’inevitabile epidemia.

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Sistema di sistemi

Questo è l’universo: una serie di incastri. Inutile non dirlo, inutile contraddirlo. Lo sosteneva von Humboldt nell’Ottocento e noi uomini ci siamo dentro fino al collo. Già prima della pandemia ne stavamo riprendendo consapevolezza, con l’affermarsi veemente della questione ambientale, ma adesso saremmo davvero sciocchi a voltarci dalla parte opposta e far finta di nulla. Non è tempo perciò di lasciarsi andare ai fatalismi e dichiararsi impotenti, ma è necessario riprenderci le città e modellare quelle fastidiose erbacce cresciute nelle strade, non si deve aver paura della conversione energetica, ma al contrario incentivarla e sperare che produca i suoi effetti benefici, e infine è assolutamente doveroso smettere di parlare dell’uomo come di materia del tutto altra rispetto al mondo in cui vive, perché ogni cosa, e il virus ne è la dimostrazione, vive sempre ai confini di una congiunzione, di una giuntura, ed è forse impossibile tracciare una linea netta tra l’umanità e l’universo. Tutto ciò non significa lasciarsi travolgere, ma al contrario ci invita ad un adattamento continuo, mai maldestro e forzato, ma sempre elegante, opportuno e dignitoso.