Le case che abitiamo sono fatte dalle mura che le formano, dai pavimenti, dalle tegole sui tetti; contengono i mobili che scegliamo per le varie stanze: i letti, gli armadi, un vecchio comodino di qualche zio. Nelle case che abitiamo, ci sono poi tutti quegli oggetti che ci aiutano a rendere più nostro il nostro spazio: un soprammobile, un vaso, uno svutoatasche, un fermacarte. Questi oggetti rappresentano uno dei lati più personali della casa e sono tanto importanti nel definire il carattere di un arredamento da poter essere raggruppati nell’etichetta di “complementi d’arredo”. C’è chi si occupa di realizzare a mano questo tipo di oggetti in modo originale e moderno, un artigiano del cemento che fonde materie naturali ed artificiali nelle sue opere. Abbiamo intervistato Davide Masi, in arte Mellow concrete, per farci raccontare qualcosa sulle sue creazioni.

© Mellow Concrete

Nome e materia

Per iniziare a conoscere il progetto di Mellow concrete siamo partiti dalla scelta del nome e da ciò che il nome significa: cemento morbido. Da qui siamo andati scoprendo i percorsi – a volte divertenti, a volte più intimi – che legano Davide e questo materiale.

Partiamo dal nome: come nasce e qual è il significato

Diciamo che è partito prima il progetto, cioè l’idea che c’era dietro. È divertente la cosa del nome: è un nomignolo che mi ha dato un mio amico, che è “Mellow”, ci storpiamo i nomi tra amici spesso e volentieri. Allora lui insisteva: “Chiamalo Mellow! Chiamalo Mellow!” e io dicevo: “No, non lo chiamerò mai Mellow” e poi invece a distanza di tempo ho detto: “Ah però aspetta…”.  Mi era piaciuto questo nesso tra il nome e il significato che c’era dietro. Stride un po’ il concetto di morbido o di liscio con il cemento, perché non ti aspetti di solito un effetto del genere. È un materiale sottovalutatissimo, nel senso che è sempre associato al grezzo, allo sporco, al poco rifinito, e invece si possono ottenere, con fatica, effetti molto particolari.

Come nasce questa tua attenzione al cemento come materiale e quindi anche questo spunto d’utilizzo?

Partiamo dal presupposto che non ho inventato niente. Nel mondo del design si lavora il cemento già da alcuni anni, nel nord europa si usava già. Il mio contributo è nelle forme, che sono un po’ inaspettate, come il formaggio di cemento, la fetta di pane. È un materiale che mi è sempre piaciuto un sacco, mi ricorda tantissimo quando ero bambino perché l’odore del cemento ancora da fare, della polvere del cemento – cosa poco salutare – mi ricorda che da bambino andavamo a giocare nei cantieri, ci infilavamo nelle fondamenta dei palazzi in costruzione. Tante volte quando sento questo odore di cemento lo associo istintivamente a quando ero ragazzino.

© Mellow Concrete

Un percorso nuovo, un percorso aperto

Tra le ultime creazioni di Davide, ci sono delle opere che, più delle precedenti, uniscono elementi naturali e artificiali in combinazioni armoniche. Cemento, muschio, legno e ferro battuto convivono in uno spazio di dialogo tra materiali.

Una curiosità terminologica: nelle ultime opere, nella serie “Equilibrio- disequilibrio”, ci può essere un oscillare di termini sull’oggetto: è un soprammobile, non è un soprammobile, è una scultura, non è una scultura. La parola “soprammobile” secondo te si adatta al lavoro che fai, oppure va cercata una ridefinizione della tua opera?

Allora, non so definirla bene neanche io. Dire che è un soprammobile è sminuirlo, dire che è un pezzo d’arte mi sembra un’esagerazione e quindi non so dire ancora bene che cos’è. È qualcosa di molto zen, richiama ovviamente la natura. La vera opera d’arte l’ha fatta la natura dandomi quei legni. Io trovo il gioco per renderli in equilibrio o disequilibrio. Il disequilibrio è dovuto al fatto che in realtà il rapporto tra natura  e artificiale è tutto a favore dell’artificiale, perché in questo gioco il muschio è “morto”, il legno è “morto”, il cemento è cemento. Non c’è niente di equilibrato tra natura e artificiale. Siamo sempre noi che purtroppo vinciamo.

Nel tuo percorso sembra che ci sia una sorta di avvicinamento alla sfera naturale, rispetto alle prime opere, che sono tutte comprese in una sfera dell’oggetto quotidiano o domestico, “Equilibrio-disequilibrio” sembra più proiettato verso una riflessione sulla natura, ma anche verso degli oggetti che non sono più fatti in serie ma con un’unicità specifica. C’è stato un percorso in questo senso?

Assolutamente sì e ti dirò di più: appena ho tirato fuori il nuovo pezzo di Disequilibrio, ho pensato istantaneamente che già, ad esempio, il nome Mellow concrete non c’entra più. Sto andando a prendere una cosa diversa. Sto andando fuori tema rispetto a quello che stavo facendo prima, ma penso che continuerò più su questo filone che sull’altro. Cioè non abbandonerò mai il primo, probabilmente prenderanno due strade diverse: una che sarà più basata sul cemento, sul giocoso, sull’oggetto di Mellow concrete, e invece un altro filone che non so ancora bene come sarà, ma che è in evoluzione in effetti.

Ho iniziato a inserire i cactus, le piante grasse, il muschio e poi dal muschio mi si è aperto un viaggio. La partenza è stata molto più sull’oggetto, anche perché venivo dal mondo del design, dell’arredamento e quindi ero più legato a quello inizialmente. Questo è più artistico, dà più soddisfazione. Ogni volta è una sfida diversa, nel senso che cambia sempre la base. È proprio una ricerca anche di equilibrio visivo, non solo fisico. Quindi deve essere bello alla vista e in equilibrio. Ogni volta devi stravolgere l’idea iniziale che avevi avuto.

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